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Gay & Bisex

DA VERGINE A PUTTANA 1


di Foro_Romano
28.02.2025    |    3.811    |    8 9.6
"“Certo che te ne do ancora, piccolo rottinculo..."
DA VERGINE A PUTTANA 1 – L’età dell’innocenza

Fausto è professore di latino in un liceo cittadino. E’ un uomo di 53 anni, alto 190, piazzato ma non grasso, con barba e pochi capelli. In compenso, ha pelo in tutto il corpo, sul torace, sulla pancia, sulla schiena, sulle braccia e sulle gambe, perfino sulle mani. Il suo pelo è brizzolato tendente al grigio, ma forse proprio per questo è oggetto di attenzioni da parte di donne sole ed anche di qualche maschietto. Le colleghe gli fanno la corte, anche sfacciatamente, ma lui resiste, tanto che, a dispetto della sua immagine, qualcuna di loro ha malignato sui suoi gusti sessuali. Parlar male di qualcuno non è bello ma spesso, come in questo caso, si ha ragione.
Al centro dei suoi interessi sono i ragazzi giovani un po’ in carne. Per carità, non ci ha mai provato con nessun suo studente, anche se alcuni lo facevano letteralmente sbavare, per correttezza professionale e per non cadere vittima di qualche ricatto, magari solo per avere buoni voti. Nel suo tempo libero frequenta una sauna gay e qualche luogo all’aperto, sempre con successo. Di ragazzi alle prime armi se n’è fatti molti e tutti sono rimasti soddisfatti, specialmente per la sua dotazione nascosta di misura extra, proporzionata al suo fisico. Però nessuno di loro era vergine, erano tutti già stati iniziati da qualcun altro. Il suo sogno era quello di farlo, almeno una volta.
Altro suo sistema di pesca sono, naturalmente, i siti di incontro gay. Un giorno aveva una certa voglia ancestrale, si collega ad uno di questi siti ed è colpito dal testo molto allettante di un profilo. Cercava un uomo maturo che lo iniziasse al sesso perché non lo aveva mai fatto ed era ancora vergine. Dalle foto, il ragazzo era giovanissimo e si presentava innocentemente in tutta la sua figura, anche nudo, faccia compresa. Ma gli sembrava di conoscerlo. Ma si! Lo conosceva bene! Era stato suo allievo fino all’anno precedente, quando si era diplomato. Era proprio un bel bocconcino da papparsi subito.
Il professore ha capito subito che gli avrebbero risposto a decine attratti da un così bel ragazzo, sicché anche lui si è affrettato a rispondere a quell’annuncio, inviando le foto del suo corpo prestante e quale esca migliore del suo grosso cazzo? Ovviamente non mette il viso e non dice che era stato il suo insegnante. Il pesciolino abbocca.
“Ciao. Ho visto che mi hai contattato. Sei sicuro che ti piaccio?”
“Certo che sono sicuro. Sei proprio un bel ragazzino. Tu piuttosto, sei certo di quello che chiedi? Vuoi proprio uno come me? Della mia età, intendo?”
“Non so i tuoi anni ma vorrei proprio uno maturo come lei. Mi sono sempre piaciuti gli uomini grossi e pelosi ma non ho mai avuto il coraggio di dirglielo”.
“Che cosa ti aspetti da uno come me?”
“Mi vergogno a dirlo”.
“Dai, siamo su un sito di incontri gay e non è il caso di vergognarsi”.
“Già, è vero. Ok. Insomma, nel mio profilo l’ho detto”.
“Dici che vuoi essere iniziato al sesso. In altre parole, vuoi essere sverginato da uno come me”.
“Ecco, si, è così”.
“Non hai paura di sentire dolore? Insomma, sai bene in cosa consiste essere sverginato?”
“Si, l’ho visto nei filmini in rete e un po’ di paura ce l’ho ma ho deciso di farlo e spero di trovare l’uomo giusto per questo”.
“Con me puoi andare tranquillo. Sarò delicato e se sentirai dolore mi fermerò”. L’intenzione c’era ma sapeva che, quando si infoiava, era capace di sventrare senza pietà e quell’essere innocente lo eccitava non poco. Per non farlo scappare non aveva fatto riferimento alle dimensioni del suo attrezzo, che in foto aveva mostrato solo da moscio.
“Ok, ci sto. Come facciamo?”
“Conosci il bar in piazza Bocchini? Quello coi tavoli di fuori”.
“Si, lo conosco”.
“Se vuoi, ci incontriamo lì domani alle 16. Sarò seduto lì fuori, così abbiamo tempo per parlare e potrai decidere se fare questa esperienza”.
“Ma come ti riconosco?”
“Sarò io a riconoscerti. Nel tuo profilo hai messo anche il viso”.
“Ah, si, è vero. Va bene, allora ci vediamo domani”.

All’indomani l’uomo è seduto al tavolo e vede arrivare il ragazzo, che però non si era subito accorto della sua presenza. Quando se ne accorse e riconobbe il suo ex professore era troppo tardi, lo stava guardando e non poteva fare finta di niente.
“Ehi, Recchioni (era il suo cognome), Dario, giusto? Che sorpresa. Come va?”. Il giovane era diventato tutto rosso.
“Ah, professore. Che piacere rivederla”. Era stato un suo sogno proibito ma in quel momento era inopportuno, lui stava aspettando uno sconosciuto. “Bene, bene”.
“Stai cercando qualcuno? Ma siediti qua e mi racconti che hai fatto dopo il diploma”. Dario si siede un po’ contrariato e continua a guardarsi attorno.
“Si, ho appuntamento con un amico di mio padre”. Doveva pur trovare una scusa per giustificare il suo incontro con un uomo maturo. “Mi sono iscritto all’università, facoltà di Lettere”.
“Bene, allora vuoi diventare professore di Latino come me?”
“Non so ancora ma devo affrontare anni di studio e poi, dopo la laurea, deciderò che fare”.
“Giusto. Se hai qualche difficoltà nello studio dimmelo pure e mi farà piacere aiutarti”.
Iniziarono a parlare del più e del meno, ma il ragazzo era visibilmente sulle spine. Passarono 15-20 minuti così.
“Forse quell’amico di mio padre ha avuto un contrattempo e non viene più”. Dicendolo si capiva che era deluso della buca che gli avevano dato e si era alzato dalla sedia per andarsene.
“Ma aspetta, aspetta. Forse è già qui e tu non lo sai… Sono io quell’amico di tuo padre, come tu dici”.
Il ragazzo sgranò gli occhi e ricadde a sedere. L’uomo al quale voleva dare la sua verginità era proprio il suo professore che aveva desiderato per anni.
“Lei è…”
“Si sono io che ho risposto al tuo annuncio. Eccomi. Vuoi ancora offrirmi quello che hai promesso?”
“Io, io, ecco io…”. Abbassò la testa vergognandosene ma prese la decisione di dire la verità. “Si, lo voglio ancora”.
“Ok cucciolo, non te ne pentirai. Andiamo a casa mia, è qui vicino, così ne parleremo con calma e con calma deciderai cosa vuoi fare”. Ad avercelo così accanto gli era salita la voglia. Non vedeva l’ora di usare quel bel corpicino un po’ cicciottello per togliersi lo sfizio ma voleva pure rispettare le sue decisioni.
Durante il breve tragitto a piedi, il ragazzo gli confessò che, durante il periodo scolastico, lo aveva sempre desiderato. Era proprio lui il prototipo dell’uomo che cercava, sia fisicamente che mentalmente. Il professore, da parte sua, gli raccontò del suo matrimonio fallito e di essere rimasto solo, benché fossero passati anni dal divorzio. Il palazzo è uno di quelli antichi del centro storico, con l’ascensore racchiuso in una gabbia nella tromba delle scale, e proprio in ascensore la mano dell’uomo non poté fare a meno di andare a tastare con decisione quel bel culetto morbido che aveva a portata di mano. Questo accentuò la sua voglia e fece sdilinquire il giovane. L’ingresso di casa affacciava su un ampio salone molto luminoso ed elegantemente arredato. Un buon profumo aleggiava nell’appartamento.
“Che bella casa!”.
L’uomo lo condusse dalla parte opposta. “Vieni, seguimi. La casa te la farò vedere dopo”. Poteva essere presa come una minaccia, ma il tono della voce era tranquillizzante. Tuttavia, appena entrati in camera da letto, lo strinse forte a sé, si abbassò costringendolo ad un bacio profondo, con la lingua che si intrufolò prepotentemente a spadroneggiare in quella bocca che non aveva mai ricevuto tali attenzioni e tutte e due le mani tornarono sul culetto stringendolo con forza. Il giovane si abbandonò subito a corpo morto in quell’abbraccio. Non era uno sconosciuto, si sentiva tranquillo.
“Oh, professore, non mi sembra vero che sia proprio lei!”
“Ragazzo mio, sono proprio io e non vedo l’ora di iniziarti al sesso come desideri”.
L’uomo, con delicatezza, cominciò a sbottonare la camicia del giovane e gliela tolse, rimanendo affascinato dalle tettine coronate da piccole areole. Si abbassò a leccare e succhiare i capezzolini, prima l’uno e poi l’altro, facendolo quasi svenire dal piacere. Ansimava.
“Professore, se l’avessi saputo, mi sarei offerto prima a lei”.
“No, piccolo, meglio così, mmmfff, non avrei potuto perché ero il tuo insegnante, mmm, e tu eri troppo giovane. Oggi sei cresciuto, puoi prendere le decisioni che vuoi, sei un omino ormai… Sarò io a farti sentire femmina”.
Lo strinse, lo baciò, gli slacciò i pantaloni e lo mise a nudo, davanti a sé. Era quasi totalmente sprovvisto di peli se non alle ascelle, sul pube e un velo sul culetto che andava ad intensificarsi al centro dello spacco. Se lo mangiò con gli occhi. Quel sedere a mandolino, dalla carne piena e fresca, era fantastico. Avrebbe voluto girarlo e prenderlo così, con forza e senza freni, spaccandogli il buco brutalmente, ma seppe resistere agli istinti della natura. Lui era un adulto responsabile.
Anche il ragazzo fu preso dal desiderio. Si abbassò in ginocchio e cominciò a slacciare la cintura, il bottone dei pantaloni, che caddero a terra, ad abbassare la lampo ed a trovarsi difronte allo slip che faceva fatica a trattenere un mostro scalpitante.
“Fermati un attimo. Sai quello che stai facendo? Sai quello che ti farò? Ne sei cosciente? Lo vuoi veramente?”
Per tutta risposta, gli sorrise, afferrò lo slip sui fianchi e lo abbassò, facendo scattare fuori un randello già quasi pronto all’uso che gli sbatté con forza sullo zigomo. Come aveva visto nel web, aprì la bocca più che poté e vi fece entrare con difficoltà la cappella. L’odore virile gli inebriò la testa. Ci si mise di impegno.
“Ooohhh, siiiiii. Lecca, succhia, aaahhh siii, pompa, piccolo mio. Ti piace? E’ troppo grosso per te?”
“E’ buono! Mmmmm. E’ proprio quello che ho immaginato, mmmmmm, che ho desiderato” e lo riprese in bocca andando su e giù, cercando ogni volta di prenderne sempre di più. Arrivato in gola, gli vennero i conati, se lo sfilò ma subito lo riprese con decisione. Lo guardava da basso cercando di capire se quello che stava facendo era di gradimento all’uomo e ne ebbe conferma. Quello intanto si sbottonò la camicia e se ne liberò. Era finalmente nudo anche lui, dominando la scena col suo fisico potente, coperto di pelo.
“Succhia, succhiami la minchia tesoro. Sei bravo. Accidenti se sei bravo! Non posso credere che sia la prima volta che lo fai, eppure è così. Cazooo, ma sei un pompinaro nato!”
Gli afferrò la testa per accompagnarlo nel movimento. La situazione si fece difficile da gestire. Voleva resistere, non doveva e non voleva venire così, subito, ma l’impeto e la passione del ragazzo erano ingovernabili. Gli tolse di colpo il ciuccio dalla bocca e se lo prese in mano, stringendolo per impedire la sborrata, ma fu tutto inutile. Un primo, denso spruzzo atterrò sull’angelico viso del ragazzino. Nel giro di una frazione di secondo capì che tutto sarebbe stato inutile, quindi si fece trascinare dal piacere. Glielo infilò di nuovo in bocca, gli afferrò saldamente la testa e si lasciò andare ad una serie di esplosioni di sperma che imbottirono il piccolo spazio, che però veniva svuotato continuamente dalla gola affamata di quella crema di palle densa e saporita, fino ad allora solo immaginata. L’ingordo non ne perse una sola goccia tanto che, quando l’uomo, tornato in sé, lo tirò fuori e se lo strizzò, la piccola lingua del ragazzo lappò con gusto le ultime stille che uscirono dall’uretra.
“Diavolo di un ragazzino. Come ci sei riuscito? Hai ingoiato tutto, puttanella! Non era poca”.
“Era buona”, rispose con un sorriso innocente.
Con un dito raccolse quella che gli imbrattava il viso e gliela spinse in bocca. Ripulì tutto.
“Non finisce qui. Non era questo che volevi nell’annuncio. Sdraiati subito sul letto che ti do il resto”.
Il giovane salì sulle lenzuola e si mise a pecorina.
“Non così. Ho detto sdraiati. Devi sentire quello che dico e obbedire”. Gli piaceva usare le maniere forti con gli sbarbatelli.
Gli si sdraiò accanto e mosse la grossa mano ad accarezzarlo delicatamente sul petto, sulle tettine, sulla pancia. Saltò le parti intime e passò alle cosce sode, tipiche di un ragazzo che spesso giocava a pallone con gli amici, anche se con scarsi risultati fisici. Si abbassò sui capezzoli, li leccò, li mordicchiò, facendo fremere il ragazzo che, ancora col sapore di sborra in bocca, cominciava a perdersi nel piacere.
Non poteva continuare così per molto. Quel tempo serviva però all’uomo per ricaricarsi ma gli ormoni giovanili dell’altro scalpitavano. Voleva arrivare al dunque al più presto, quindi si abbassò per riprendere in bocca il pisellone che pian piano riprendeva vigore. Quel lavorio veloce di lingua, di morbide labbra, di palato e gola umidi fecero il resto.
“Oh Dario, è arrivato il momento. Ti voglio, voglio prenderti adesso, voglio farti mio. Subito”.
“Si, professore, lo voglio anche io”.
Gli alzò le gambe e gliele piegò in modo di vedere il buchino che di lì a poco avrebbe deflorato. Il ragazzo non si vergognò di mostrare la sua intimità. Anelava di essere posseduto per la prima volta ed era proprio nelle mani dell’uomo che aveva desiderato per anni. Lui stesso si tenne così piegato tenendosi con le braccia, offrendosi impudicamente.
“Tesoro, sei una meraviglia! Mi prenderò la tua verginità guardandoti negli occhi e tu guarderai i miei. Dovrai leggere il piacere che mi dai ed io leggerò il tuo. Vedrai che non ti farò sentire dolore”.
Si abbassò a leccare l’orifizio grinzoso, circondato di peletti, che, al tocco della lingua, mostrò segno di boccheggiare dal desiderio. La pelle delicata all’interno delle cosce accapponò nel sentire la barba che raspava e rendeva reale quello che sembrava un sogno. Il maschio ci mise più saliva possibile, la lingua penetrò più che poté per prepararlo meglio. Il giovane era in estasi. Da un tubetto provvidenzialmente posato sul comodino, le dita presero della crema emolliente, fresca, che venne spalmata sullo sfintere. Il medio si intrufolò all’ingresso aumentando l’attesa, poi entrò tutto dentro, stappandogli un sospiro. Si mosse su e giù, le dita divennero due, quasi non se ne accorse, le roteava dentro. I sospiri aumentavano. Gli occhi si incontrarono, come per sollecitare la penetrazione. Altra crema venne spalmata sulla cappella e lungo tutta l’asta. Era tornata enorme, minacciosa. Venne puntata verso il bersaglio. Lo tenne per le caviglie, a gambe larghe, e spinse leggermente. L’anello anale si aprì voglioso. Una, due, tre spinte leggere e tutto il glande entrò e si fermò per far godere ambedue di quel momento unico. Non sentì alcun dolore. Il desiderio arrivò alle stelle.
“Professore, professore, tutto, me lo metta tutto dentro, la prego, tutto” e tutto entrò lentamente ma con decisione, fino in fondo, strappando a tutti e due un “Oooooohhh” di piacere.
Stettero fermi per qualche lunghissimo secondo prima di dare il via alla scopata vera e propria. Dapprima lenta, poi sempre più martellante.
“Si, si, siiii, che bello, che bellooo. Forte, più forte, siii. Ahhh, aaahhh”.
“Sei mio, Dario, sei mio! Ti ho aperto il culo”.
Lo sguardo del maschio si era fatto feroce, quello della preda era perso nel piacere della sottomissione. Il pistonamento si fece presto veramente duro, furioso. Il maschio, ormai incapace di controllarsi, prese a chiavare in maniera brutale, selvaggia. Non gli bastava averlo deflorato, voleva vandalizzare e profanare quel luogo fino a quel momento rimasto intatto. Gemiti di piacere si mescolavano ai grugniti di quel bestione dominante.
“Sono troia, siiii così, forte, sono la sua troia. Mi dica che sono la sua troia”. Guaiva come una cagnetta in calore.
“Vuoi che ti dica cosa penso che sei?”
“Siii me lo dica”
“Sei una troia, una puttana, una vacca da monta, uno splendido maialino. Prendi, zoccola, prenditi ‘sto cazzo. Non è quello che volevi, lurido finocchio?”
“Si, siii. E’ troppo bello, troppo. Ahiii. No, non si fermi… la prego, ancora, ancora… Noooo”. L’uomo gli aveva sfilato l’uccello dal culo. Lo rimirò un attimo, così sporco di crema, di sangue, un poco di merda, ma in quel momento non ci fece caso più di tanto. Il sedere dell’adolescente si protendeva verso di lui. Ne voleva ancora. Lo girò a pancia sotto e gli si sdraiò sulla schiena con tutto il suo peso. Non poteva fuggire neanche volendo. Il palo a premere e scivolare lungo il solco. Voleva allungare il tempo di quel momento all’infinito.
“Professore, ancora, ancora”.
“Certo che te ne do ancora, piccolo rottinculo. Adesso ti sfondo”. AAAAAHHH. La mazza venne di nuovo ficcata con forza dentro, tutta in un colpo. Lo strinse tra le braccia e prese a fotterlo con rapidi colpi di maglio che sembravano voler trascinare con sé anche la sacca pelosa dei grossi coglioni. L’affondo a volte era continuo, altre volte cadenzato, a volte secco. Si sentiva il rumore di sciacquio che faceva dentro il budello completamente rotto e spanato che non opponeva più alcuna resistenza.
Gridarono all’unisono, con tonalità diverse, quando l’orgasmo esplose ed un fiume di magma eruttò perdendosi nelle profondità della carne. Il maschio si lasciò cadere ansimante sulla schiena dell’altro che, sopraffatto, sentendosi vinto e pieno del caldo succo virile, venne sulle lenzuola senza rendersene conto.

Dopo di ché rimasero sdraiati l’uno accanto all’altro, in silenzio. Il ragazzo si girò e si accoccolò sotto l’ascella sudata del suo maschio, aspirandone l’afrore inebriante.
“Grazie professore. E’ stato più bello di quanto avessi immaginato. Di farlo con lei poi! Pensavo di provare molto dolore ed invece non ho sentito quasi niente. Lei non sa quanto mi senta felice”.
L’uomo gli accarezzava i capelli sulle tempie. “E’ stata la tua grande voglia di farti prendere e usare che ti ha aiutato. Sono io a doverti ringraziare di avermi dato questa opportunità”.
“Non credevo di piacerle. Mi hanno sempre preso in giro perché non sono magro”.
“Ma non sei neanche tanto grasso. Mi piace pastrugnare un po’ di ciccia mentre fotto”.
Il giovane si alzò di scatto. “Mi scusi… Devo andare in bagno” e corse via.
Al suo ritorno, il professore non si era mosso. Se ne stava lungo, sdraiato di schiena a godere ancora di quel momento di gloria. Il torace peloso si muoveva al ritmo del respiro di quel maschio esemplare di virilità. Il ragazzo rimase affascinato a vederlo. Il membro grosso e flaccido abbandonato sulla coscia. Era stato quello a procurargli quel dolorino che sentiva dietro. Era stato quello a fargli capire definitivamente quale sarebbe stato il suo piacevole ruolo nella vita.
“Oh Dario, ti sei liberato?”
“Si. Era tanta. E’ stato come un clistere”.
“Vieni qui, piccolo. Vieni tra le mie braccia. Così, ecco. Ti fa male?”
“Un poco, ma sono così felice!”
“Non credere che finisca tutto qui. Ti devo insegnare ancora tante cose. Devo inculcarti ancora tanto. Sono o non sono il tuo professore?” Sorrisero.
“Certo che si”.
“Promettimi che tornerai da me spesso per prendere ripetizioni”.
“Più spesso di quanto creda”.
Un bacio siglò la promessa.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma non mancate di godervela il più possibile. Buona sega a tutti).
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